BIGENITORIALITA’ PERFETTA
21 Febbraio 2019
Riforma Codice Civile: delega alle commissioni
8 Marzo 2019
In
base al decreto legge del Governo il
Reddito di cittadinanza spetta
a chi ha un ISEE inferiore a 9.360 euro annui, la casa in cui abita,
meno di 6/10 mila euro (a seconda del numero di figli) in banca e un
reddito “familiare”
inferiore a 8.400/12.600 euro (anche in questo caso vale il numero di
figli e familiari conviventi).
La
nuova misura deve essere “incrociata” con le nuove regole
sul divorzio; la Cassazione – a luglio 2018- ha stabilito che
l’assegno è dovuto quando tra marito e moglie (o tra gli uniti
civili, nel caso di coppia same
sex)
c’è una rilevante disparità economica, dipendente da scelte fatte
durante il matrimonio e se chi chiede l’assegno non è in grado, con
i propri mezzi, di colmare questo divario.
Sino a oggi chi voleva l’assegno doveva provare di aver cercato inutilmente un lavoro, inviando curricula o iscrivendosi al Centro per l’impiego; quanto più giovane era il richiedente l’assegno, tanto più era richiesta una prova rigorosa. Esemplificando, si è sostenuto che una donna cinquantenne che non avesse mai lavorato non potesse ricollocarsi sul mercato del lavoro, anche se qualificata e ben istruita. Diverso l’approccio verso le under 40, considerate (e non sempre a ragione) facilitate nella ricerca di un’occupazione, anche se non corrispondente al livello di istruzione conseguito.
Il
Reddito di cittadinanza e la Pensione di cittadinanza potrebbero però
portare qualche cambiamento.
Chi
divorzia, oggi, può infatti fare domanda per l’RdC, mettendosi a
disposizione per corsi di formazione e qualificazione professionale,
per reperire un’attività lavorativa e/o per svolgere lavori di
pubblica utilità; è lo Stato, dunque, a fornire ai suoi cittadini
gli strumenti per “superare” il gap economico che deriva
dal divorzio, così da far venire meno i presupposti per la richiesta
di assegno.
Questo
ragionamento è applicabile solo agli assegni divorzili inferiori a
1100/1200 euro lordi, corrispondenti alla misura massima del
beneficio statale (780 euro); si tratta dei casi più frequenti,
visto che il contributo divorzile medio varia dai circa 250/300 euro
delle regioni peninsulari ai 600 delle regioni più ricche del Nord
Italia.
Allora
addio all’assegno di divorzio?
È
sicuramente prematuro dirlo e tutto dipenderà da come si
orienteranno i Giudici. In assenza di un chiarimento del legislatore
– che peraltro sarebbe doveroso – alcuni potrebbero ritenere che la
possibilità di percepire il reddito di cittadinanza sia preclusivo
della richiesta di assegno; altri, invece, che non sia corretto che
lo Stato adempia a un dovere che è giusto continui a gravare sull’ex
coniuge.
E
per le separazioni cosa cambia?
Anche
se l’assegno di mantenimento è finalizzato alla conservazione del
precedente tenore di vita, è probabile che i Giudici applicheranno
le stesse regole usate per l’assegno di divorzio. Certo è che se
dovesse passare l’interpretazione “estensiva” del Reddito
di cittadinanza, ci saranno molti mariti che brinderanno al nuovo
corso pentaleghista, ma anche meno “poveri” veri che
potranno fruire della nuova misura di inclusione sociale.

