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23 Marzo 2020Due recenti sentenze della Cassazione del 2019 hanno aperto uno spiraglio per ottenere il rimborso dell’ addizionale provinciale sull’ accisa dell’energia elettrica, con richiesta da formulare civilisticamente contro il fornitore di energia.
In particolare, negli anni 2010 e 2011 tali addizionali provinciali all’ accisa sull’energia elettrica venivano pagate dai titolari di utenze elettriche non domestiche sui consumi fino a kWh 200.000 mensili. L’illegittimità di tali addebiti (di qui il diritto al rimborso) deriva dalla disciplina europea sulle modalità di prelievo del tributo adottato in quel periodo: tale addizionale provinciale sulle accise dell’energia elettrica è poi stata eliminata a far data dal 2012.
Resta però l’addebito negli anni 2010 e 2011 di tale addizionale provinciale all’ accisa sull’energia elettrica, non ancora prescritta, che può essere contestata, chiedendo il rimborso delle somme indebite versate ai fornitori di energia.
Si sottolinea che il termine di prescrizione ordinario è decennale e che le prime bollette pagate quasi dieci anni fa contengono indebiti di prossima prescrizione: vi e quindi l’urgenza di intervenire.
Il
diritto al rimborso.
Le
due sentenze che recentemente si sono occupate della questione
dell’addizionale provinciale sull’accisa dell’energia elettrica sono
Cass. 19 novembre 2019 n. 29980 e Cass. 23 ottobre 2019, n.
27099.
Uno degli aspetti più problematici in merito a tale
addizionale provinciale sull’accisa è se il cliente finale deve
chiedere il rimborso al proprio fornitore o all’Amministrazione
Finanziaria. Tale aspetto rileva anche perchè la richiesta di
pagamento verso lo Stato è sottoposta a un breve termine di
decadenza.
Tali sentenze, in merito all’addizionale provinciale
sull’accisa, evidenziano che “dal
combinato disposto delle menzionate disposizioni emerge che il primo
soggetto passivo del rapporto tributario è il fornitore di energia,
tenuto verso il fisco per il pagamento dell’accisa ovvero della
relativa addizionale. Indi, egli può ribaltarne l’onere
rivalendosi nei confronti dell’utente secondo la caratterizzazione
tipologica delle accise”
(Cass. 23 ottobre 2019, n. 27099).
La sentenza prosegue
indicando che “in
buona sostanza, l’imposta è dovuta dai soggetti che forniscono
direttamente il prodotto ai consumatori, di guisa che soggetto
passivo dell’imposta è il fornitore del prodotto; quanto al
consumatore, l’onere corrispondente all’imposta è su di lui
traslato in virtù e nell’ambito di un fenomeno meramente
economico. Ne deriva che il rapporto tributario inerente al pagamento
dell’imposta si svolge soltanto tra l’Amministrazione finanziaria
ed i soggetti che forniscono direttamente i prodotti, essendo ad esso
estraneo l’utente consumatore. Come è stato efficacemente
rilevato, «i due rapporti, quello fra fornitore ed amministrazione
finanziaria e quello fra fornitore e consumatore, si pongono quindi
su due piani diversi: il primo ha rilievo tributario, il secondo
civilistico» (cfr. Cass. n. 9567 del 2013, cit., laddove ulteriori
riferimenti giurisprudenziali)”.
Il soggetto tenuto al rimborso è il fornitore del servizio.
Per le ragioni ora evidenziate, in merito al diritto alla restituzione dell’addizionale provinciale sull’accisa per l’energia elettrica, il consumatore finale ha un rapporto diretto con il fornitore del servizio.
Si tratta di un comune rapporto privatistico: per cui, le somme indebitamente pagate per l’addizionale provinciale sull’accisa vanno restituite proprio in forza delle previsioni del codice civile che prevede l’obbligo di restituire quanto indebitamente incassato.
La sentenza Cass. 23 ottobre 2019, n. 27099, in particolare, indica che “il fruitore dei beni o dei servizi può dunque ottenere il rimborso dell’imposta illegittimamente versata esperendo nei confronti del cedente o del prestatore un’azione di ripetizione d’indebito di rilevanza civilistica (vedi, in tema di IVA, CGUE 15 dicembre 2011, causa C-427/10, Banca popolare antoniana veneta, punto 42; e, in tema di accise, CGUE 20 ottobre 2011, causa C-94/10, Danfoss) ed eccezionalmente una azione diretta nei confronti dell’Erario, ove venga dedotta in relazione all’azione nei confronti del fornitore la violazione del principio di effettività”.
La prescrizione.
Se
l’azione da esperire è quella civilista della ripetizione
dell’indebito, vale a dire la restituzione della addizionale
provinciale sull’accisa dell’energia elettrica che non era da
pagare, il termine di prescrizione è di 10
anni dal pagamento
e non quello di decadenza, ben più breve, previsto dei rapporti con
lo Stato (2
anni).
Sempre
Cass. 23 ottobre 2019, n. 27099, in merito alla addizionale
provinciale sull’accisa, evidenzia proprio che “il
consumatore si trova in una posizione di vantaggio, poiché può
fruire di un termine di prescrizione ordinario per l’azione
civilistica di ripetizione dell’indebito, più ampio di quello di
decadenza assegnato al soggetto passivo per il rimborso”.
Conclusioni.
Alla luce delle recenti sentenze di Cassazione, è quindi possibile agire per il rimborso dell’addizionale provinciale sulle accise dell’energia elettrica pagate negli anni 2010 e 2011, peraltro annate prossime alla prescrizione decennale.
Tale
richiesta di rimborso dell’addizionale provinciale sull’accisa deve
essere proposta con una azione civile da intraprendere contro il
fornitore. Infatti, la Cassazione ha indicato che solo il fornitore è
tenuto ad agire verso l’Amministrazione Finanziaria: “le
imposte addizionali sul consumo di energia elettrica di cui all’art.
6, comma 3, del d.l. n. 511 del 1988 (nel testo applicabile ratione
temporis) sono dovute, al pari delle accise, dal fornitore al momento
della fornitura dell’energia elettrica al consumatore finale e, nel
caso di pagamento indebito, unico soggetto legittimato a presentare
istanza di rimborso all’Amministrazione finanziaria ai sensi
dell’art. 14 del d.lgs. n. 504 del 1995 e dell’art. 29, comma 2,
della l. n. 428 del 1990 è il fornitore”.
Viceversa,
“il
consumatore finale dell’energia elettrica, a cui sono state
addebitate le imposte addizionali sul consumo di energia elettrica di
cui all’art. 6, comma 3, del d.l. n. 511 del 1988 (nel testo
applicabile ratione temporis) da parte del fornitore, può agire nei
confronti di quest’ultimo con l’ordinaria azione di ripetizione
di indebito e, solo nel caso in cui tale azione si riveli impossibile
o eccessivamente difficile con riferimento alla situazione in cui si
trova il fornitore, può eccezionalmente chiedere il rimborso nei
confronti dell’Amministrazione finanziaria, nel rispetto del
principio unionale di effettività e previa allegazione e
dimostrazione delle circostanze di fatto che giustificano tale
legittimazione straordinaria”.

